Le ultime previsioni del FMI indicano che l’economia italiana potrebbe contrarsi del 12,8% a causa della pandemia. La crisi ha impattato molti settori economici, dall’ospitalità alla vendita al dettaglio, che costituiscono una parte sostanziale dei posti di lavoro di giovani che hanno abbandonato lo studio, in particolare i non laureati. Nella recessione del 2009, abbiamo assistito ad un aumento del numero di laureati e parallelamente ad una riduzione, come oggi, delle opportunità di lavoro per i non laureati. Potrebbe esserci un’ondata di candidati sovra qualificati sotto il profilo accademico, seguita da un’ondata di candidati meno esperti, che porterebbe a una maggiore concorrenza tra un pool sempre più ridotto di talenti.
Quando l’economia tornerà a crescere, ci troveremo con un gap di competenze ancora più ampio? Che conseguenze avrebbe tale gap sulla ripresa? Un management lungimirante dovrebbe agire ora per controllare gli effetti del COVID-19 sulla prossima generazione di lavoratori, sul futuro delle proprie aziende e di conseguenza del paese.
Disoccupazione giovanile
Uno studio di un importante ente britannico, l’Institute of Student Employers ha riferito che stiamo già vedendo l’impatto della crisi economica sui giovani. Per risparmiare sui costi, le aziende sono sempre più incerte su cosa fare in relazione ad assunzioni (in particolare di lavoratori alla prima esperienza) e riduzioni di posizioni non più necessarie,
Poiché i più giovani avranno meno opportunità di sviluppare competenze tecniche e soft skills, avranno di conseguenza più difficoltà ad avanzare nella propria carriera lavorativa. Come potranno in futuro le risorse umane portare a bordo della propria azienda nuovi talenti se la prossima generazione non sarà pronta?
Diversità di talenti
La crisi COVID-19 dipinge un quadro a tinte miste per i futuri talenti. Dato che lo studio universitario è considerato a volte un’alternativa alla disoccupazione, più che al lavoro, a coloro che provengono da contesti più svantaggiati, che non possono finanziarsi gli studi universitari, potrebbe essere negata questa “alternativa”. Allo stesso tempo, questi giovani diplomati, che sono costretti ad optare per un lavoro, invece che proseguire con l’istruzione universitaria, avranno l’opportunità di sviluppare maggiormente alcune soft skills rispetto ai laureati.
Le risorse umane potrebbe quindi trovarsi di fronte ad una scelta: dare priorità alle competenze trasversali o scegliere da un pool di talenti più ampio e sovra qualificato (ma forse privo di competenze “soft”). Nella loro agenda dovranno considerare attentamente queste diversità man mano che le opportunità di istruzione diventeranno più pronunciate.
Meno innovazione
Avere una forza lavoro multigenerazionale è importante per diversi motivi. Senza i lavoratori più giovani, le aziende possono compromettere la “diversità cognitiva”, negare alla forza lavoro più senior i vantaggi del mentoring inverso e rischiare di ostacolare l’innovazione.
Le aziende che non riconoscono il contributo della forza lavoro più giovane potrebbero perdere competenze che in futuro (se non già adesso) saranno necessarie, soprattutto nell’era digitale.
“In Italia l’utilizzo di internet riguarda il 71% della popolazione tra 16 e 74 anni, che però risulta essere al quartultimo posto dell’Ocse, superiore solo a Turchia, Messico e Grecia e contro una media dell’85%. Inoltre, solo il 36% degli italiani tra i 16 e i 64 anni, si legge nel rapporto Ocse, è in grado di usare Internet in modo «vario e complesso», cioè di andare oltre la semplice navigazione (senza, per questo, spingersi a saper programmare). È la percentuale più bassa tra tutti i Paesi analizzati, la cui media supera il 58%. È lontano «il piccolo gruppo» di Stati che guidano la digitalizzazione: Belgio, Danimarca, Finlandia, Olanda, Norvegia e Svezia, dove l’80% dei cittadini, ad esempio, è in grado di usare applicazioni finanziarie o creare un blog”. (Il Corriere della Sera, 09 maggio 2019)
Le imprese italiane potrebbero addirittura regredire se non iniziano a sviluppare nuove idee che le spingano in avanti nel processo di innovazione.
Come possono agire le risorse umane?
Creare opportunità per i giovani
Aumentando ciò che possono offrire ai giovani, i datori di lavoro contribuiranno in modo significativo alla qualificazione e alle competenze dei futuri talenti. Ci sono molte iniziative che le aziende possono offrire, come tirocini, stage e altre opportunità di apprendimento, supervisionando le attività anche a distanza se necessario. Alcune aziende particolarmente smart hanno già modificato i loro metodi di reclutamento per laureati e apprendisti.
I datori di lavoro potrebbero anche considerare di offrire un contratto di lavoro di alto profilo per fare un’esperienza di apprendimento innovativa. Ad esempio, il gruppo Adecco offre ai candidati la possibilità di diventare CEO per un mese e altri tipi di esperienze lavorative equivalenti, dai quali i datori di lavoro possono imparare per implementare opportunità simili nei loro contesti aziendali.
Proteggi i lavoratori più giovani
Molte aziende hanno dovuto affrontare difficoltà durante la pandemia e alcune hanno dovuto ridurre il personale. Se è necessario tagliare posti di lavoro, le risorse umane devono stare attente alla potenziale discriminazione in base all’età che potrebbe verificarsi.
Le organizzazioni devono essere consapevoli di mantenere e continuare a beneficiare di una forza lavoro multigenerazionale. Ciò eviterà anche potenziali conflitti per posti di lavoro e aumenti retributivi. I lavoratori più giovani possono continuare a sviluppare le loro competenze, assicurando tra l’altro una generazione futura di lavoratori.
Servizi di ricollocamento
Se devi ridurre il personale più giovane, aiutalo a prepararsi, ove possibile, per il ruolo successivo. Il ricollocamento è sempre utile, ma per i lavoratori giovani con meno esperienza lo è ancora di più.
Fare il possibile, cercare posti di lavoro simili per i dipendenti in uscita o trovare ruoli adatti alle loro competenze, può contribuire a mantenerli occupati, garantendo che continuino a sviluppare le proprie capacità.
Costruire la resilienza sul posto di lavoro
Nel suo lavoro sulla “Gerarchia dei bisogni” lo psicologo americano Abraham Maslow sostiene che le persone danno la priorità anzitutto ai bisogni di base e che questi bisogni sono strettamente correlati al benessere fisico ed emotivo. Se i giovani sentono di non essere in grado di sostenersi, potrebbero essere più vulnerabili a sviluppare problemi di salute mentale.
Le risorse umane sono agevolate per quanto riguarda questo aspetto. Come hanno dimostrato diversi studi, la Generazione Z è in genere più aperta a parlare dei loro problemi di salute mentale, quindi potrebbe essere utile per le risorse umane avviare dialoghi sul benessere mentale.
Pensieri finali
La pandemia rappresenta una minaccia per la prossima generazione di lavoratori e costituisce una sfida per la funzione risorse umane. Se le aziende vogliono beneficiare dei vantaggi di un pool diversificato di giovani qualificati, devono contribuire a costruirlo e poi continuare a svilupparlo. In tal modo, il futuro dei giovani talenti sarà meglio preservato e più al sicuro.