È tendenza piuttosto diffusa giudicare i Millennials nel mondo del lavoro come dipendenti sleali, egocentrici ed irrispettosi verso il management. Ricercano lodi costanti e promozioni rapide e se queste non arrivano, cambiano posto di lavoro in un battito di ciglia (al massimo un paio di anni in media).
Tuttavia, sono la forza lavoro del futuro e sono destinati ad avere un forte impatto sulle evoluzioni del business nei prossimi anni.
I nostri colleghi inglesi hanno avuto occasione di intervistare sul tema Karine Lipinski: con un’esperienza decennale nell’ambito HR, ha da poco fondato la sua azienda di consulenza; le abbiamo chiesto di condividere la sua esperienza in merito all’inserimento di millennials nei team aziendali.
(A questo link trovate l’intervista originale in lingua inglese)
Q: È vero ciò che leggiamo sui lavoratori Millenials?
Karine: Non c’è dubbio che i dipendenti della generazione Y stiamo causando del trambusto nel mondo del lavoro, ci sono state infatti numerose discussioni nel mondo HR su come risolvere al meglio la problematica e plasmare i millennials come impiegati modello. Credo che sia un approccio a visione breve: i millennials possono risultare ad oggi una spina nel fianco per il management aziendale, ma in breve saranno in maggioranza all’interno delle aziende, acquisendo sempre più importanza. Le organizzazioni sono di fronte ad una scelta. Possono decidere di combattere questi nuovi assunti con atteggiamenti non familiari o possono abbracciare l’onda del cambiamento e trovare modalità per integrare i Millennials agilmente nella forza lavoro.
Q: Cosa consiglieresti ad un’impresa?
Karine: Piuttosto che giudicarne il comportamento e provare a cambiarlo, sarebbe meglio accettare che la generazione Y è qui per restare e prendere il meglio delle loro modalità di operare. Ciò non significa buttare via tutti i valori e le prassi di lavoro pregressi, ma trovare una via per soddisfare al meglio tutti i collaboratori. Ciò che è interessante è che appena inizi a scavare ti accorgi che vi sono molte più somiglianza tra generazioni che differenze. Anche gli staff un po’ più anziani danno importanza a flessibilità e franchezza, proprio come la generazione Y, magari semplicemente faticano di più ad esprimerlo.
Q: Ci sono aree HR specifiche su cui le aziende dovrebbero focalizzarsi?
Karine: Cambia molto da azienda ad azienda, ma probabilmente partirei guardando a quali siano i tuoi valori come azienda e come questi vengano riflessi nel modo in cui incoraggi i dipendenti a lavorare e crescere. Deloitte ha svolto una ricerca interessante di recente in cui dimostra come i Millennials siano più predisposti a collaborare con datori di lavoro di cui condividano i valori ed evitare compiti che vadano contro la loro etica. Quindi è fondamentale che ciascuna organizzazione abbia chiaro quali sono i suoi valori e che sappia comunicarli con trasparenza ai propri collaboratori, senza lasciare dubbi su come ci si aspetta che si comportino e lavorino. I millennials non tarderanno a redarguirti se predichi bene e razzoli male!
Q: I livelli di Retention tra i Millennials risultano essere molto bassi. C’è qualcosa che i datori di lavoro possono fare per migliorarli?
Karine: Parte del problema è che, come datori di lavoro, vogliamo dipingere un quadro della nostra organizzazione come di un luogo stimolante ed eccitante. Ma se la realtà è differente i millennials ben presto prenderanno la porta. Devi assicurarti di dare una descrizione accurata in fase di recruiting su cosa ti aspetti, gli obbiettivi aziendali, le sfide e le opportunità da attendersi. Per esempio, sarà opportuno evitare di fare leva sull’importanza della collaborazione se i manager della tua azienda sono abituati a lavorare per compartimenti stagni e spesso in conflitto tra loro. O sottolineare le opportunità di crescita e formazione se queste non sono presenti. Le persone saranno più propense ad affezionarsi all’impresa se il quadro presentatogli coincide con la realtà.
Q: È vero ciò che sentiamo sempre dire sull’attitudine dei millennials verso il work-life balance?
Karine: Risulta che in molti settori i millennials siano meno propensi delle generazioni precedenti a compromettere il loro equilibrio lavoro-vita privata. Ma ciò non significa per forza che si impegnino meno; se appassionati a ciò che fanno, vi si applicheranno al massimo. È importante capire cosa guidi questo desiderio di flessibilità: con le generazioni precedenti si tratta spesso dell’esigenza di bilanciare la carriera con le responsabilità famigliari. Per i millennials è invece importante bilanciare il proprio lavoro in modo da avere tempo per altre attività come hobby o business in proprio.
Q: I millennials sono senza dubbio nativi digitali. Pensi che le organizzazioni abbiano riconosciuto ed attribuito la giusta importanza a questo fenomeno?
Karine: I millennials sono molto più connessi delle generazioni precedenti. Sono molto bravi a costruire network sia all’interno che fuori dal lavoro e sono naturalmente collaborativi. Inoltre sono abituati ad accedere agilmente alle informazioni con un solo click del mouse e sono cresciuti gestendo i propri affari personali online. Per queste ragioni rimangono abbastanza sconcertati quando entrano in un’organizzazione in cui si trovano limitati nell’accesso ai social media e devono ancora utilizzare processi cartacei per compiti semplici come la richiesta di ferie o l’aggiornamento delle proprie coordinate bancarie. Allo stesso modo faticano a comprendere perché ricevano dei “No” quando propongono di lavorare da remoto, nonostante le tecnologie per farlo siano disponibili. Se le organizzazioni vogliono ottenere il massimo dai millennials ne devono abbracciare l’approccio al lavoro più fluido e l’importanza attribuita alla trasparenza nella comunicazione. Modalità di comunicazione aperte sono molto apprezzate dai lavoratori giovani che vogliono sempre sapere ciò che succede, in che direzione si muove il business e quali cambiamenti sono in programma, così da prepararvisi.
Q: E parlando dei manager? Devono cambiare il loro approccio verso la generazione Y?
Karine: Le ricerche dimostrano che i millennials sono infastiditi da uno stile di management troppo burocratico, e preferiscono una relazione con i manager più informale. Sono affamati di feedback costanti e vogliono essere supportati nel risolvere autonomamente le problematiche che si presentano, piuttosto che avere sempre qualcuno che gli guarda le spalle. Questo è molto diverso da come vengono gestiti in realtà, ma se le organizzazioni vogliono ottenerne il meglio devono passare ad un approccio più informale e lasciarli volare piuttosto che tarpargli le ali.