L’8 Ottobre è stata la giornata mondiale dedicata al benessere psicologico; vediamo un po’ di dati, relativi a benessere ed ambiente di lavoro:

  • Solo il 32% delle organizzazioni forma il management affinché sappia come supportare i dipendenti nella gestione delle problematiche psicologiche (CIPD)
  • Il 51% dei manager si relaziona ad un collaboratore che sta affrontando delle problematiche come ad un peso, un problema che preferirebbe evitare (Talkout)
  • I manager hanno più probabilità di vedersi diagnosticato un problema di salute mentale rispetto a qualunque altro gruppo di lavoratori (Ipsos)
  • Il 62% dei manager ritiene di avere più volte messo davanti l’andamento del business rispetto al proprio benessere (Business in the community)
  • Il 42% dei professionisti ritiene di non avere le stesse possibilità di carriera di altri a causa di alcune problematiche psicofisiche avute durante il percorso di sviluppo professionale (Hays)

Lavorare con persone che non si sentono bene nell’approccio al loro lavoro, ha un costo per l’azienda, in termini di assenze e malattia, di produttività e di employer branding. Certo, non è il lavoro l’unico fattore in gioco nel nostro benessere mentale, si tratta di una problematica complessa influenzata da infinite variabili, professionali, sociali e private. Ma lo stress lavoro correlato è tra le principali cause d’assenza per malattia, evidenziando come il lavoro abbia un ruolo fondamentale nel nostro star bene.

Le iniziative in tal direzione portate avanti dalle aziende sono numerose: sessioni di yoga in pausa pranzo, stanze per la meditazione, momenti dedicati alla mindfulness e programmi dedicati al benessere mentale. Iniziative lodevoli, ma che non arrivano al cuore del problema: come trattiamo le persone in azienda.

  • Se continuiamo ad aspettarci che i dipendenti svolgano un numero insensato di attività, pur tagliando continuamente il supporto e le risorse offerte affinché possano svolgere il loro lavoro, è inevitabile che arrivino al burn out.
  • Se continuiamo a fissare obiettivi irrealistici, ad imporre scadenze stringenti perchè pensiamo di stimolare le persone mettendole sotto pressione, entriamo in un circolo vizioso in cui i dipendenti stanno sempre peggio e la produttività ne risente.
  • Se dimentichiamo che tutti hanno una vita al di fuori dell’ufficio e potrebbero avere bisogno di un po’ di flessibilità per gestire richieste e responsabilità (lavorative e non), anche le persone più talentuose rischiano di cedere allo stress.

In poche parole, dobbiamo smettere di trattare le persone come macchine e ricominciare a trattarle come essere umani.

Ci sono un po’ di cose che possiamo fare per muoverci in questa direzione:

  • Se le organizzazioni vogliono incoraggiare delle conversazioni aperte ed una cultura supportiva in cui le persone non siano spaventate di parlare delle loro problematiche, come stress, ansia e depressione, il management aziendale deve mostrarsi aperto. Cerchiamo di mostrare comprensione e sensibilità, ammettendo alle volte anche le nostre vulnerabilità.
  • Chi si occupa di risorse umane deve supportare i manager per riuscire tutti insieme a comprendere quale sia il modo migliore in cui organizzare lavoro e risorse del team. È necessario comprendere quale sia un carico di lavoro accessibile e se sia possibile impostare le attività in maniera più flessibile senza andare a discapito di produttività e servizio ai clienti; è utile avere sempre un occhio attento alla tecnologia che può ottimizzare il lavoro e gestire in maniera più efficiente quei processi a scarso valore aggiunto, ma che sottraggono moltissimo tempo. Molto spesso, anche dei piccoli aggiustamenti, come consentire a ciascuno di aggiustare leggermente il proprio orario di lavoro in base alle esigenze individuali (tragitto casa-lavoro, figli da accompagnare a scuola…), possono fare la differenza.
  • I manager hanno bisogno di essere formati in modo che possano supportare al meglio il benessere dei dipendenti; devono sapere come individuare tempestivamente quei segnali di allarme che indicano che un collaboratore è sotto stress ed ha bisogno di aiuto, essere preparati per affrontare in maniera corretta conversazioni aperte ed oneste, e sapere quando una problematica sta diventando troppo grande perchè possano risolverla da soli.

Istituire una giornata mondiale dedicata al benessere psicologico è un aiuto importante per portare luce sulla tematica. La sfida per tutte le organizzazioni è quella di fare un passo indietro e fermarsi a pensare a cosa stiano mettendo in pista per affrontare il problema, affinché l’attenzione al benestare dei dipendenti non si perda in mezzo alle attività quotidiane, ma rimanga sempre un obiettivo importante di HR e manager.

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Martina Tattini